Betango fa il pienone al Teatro Cecchetti
Teatro sold out per Betango, l’appuntamento di Cecchetti in Jazz che ha visto la partecipazione del Pablo Corradini Quintet, per l’occasione insieme ad un quartetto d’archi.
Uno spettacolo accolto calorosamente: tanti gli apprezzamenti del pubblico sia per la bravura dei musicisti che per gli arrangiamenti dei brani, che mescolano sound jazz a ritmo latino e tango.
Durante la presentazione di rito, non è mancato un riferimento alla tragica scomparsa di Pina Vallesi, collaboratrice di Futura, rimasta coinvolta martedì scorso (19 gennaio) in un incidente mortale. «Una morte violenta e improvvisa ? ha detto Rosetta Martellini, presidente dei Teatri di Civitanova, introducendo il concerto ? che ci ricorda quanto la vita debba essere vissuta in modo intenso, sempre circondati da cose belle. E tra queste cose belle sicuramente c’è la musica. Oggi è stata una giornata difficile, con il funerale di Pina nel pomeriggio, e forse partecipare a un concerto, ricordandola tutti insieme, è il modo più giusto per concluderla».
Una serata particolare anche perché, per la prima volta il Cecchetti in Jazz ha ospitato un progetto appartenente al suo territorio, facendosi vetrina di una qualità tutta nostrana. I musicisti del Pablo Corradini Quintet infatti sono marchigiani, se non di nascita sicuramente di origine ? Pablo Corradini è nato in Argentina, ma è di famiglia italiana. Un progetto nato anni fa con la decisione di mischiare sound apparentemente lontani tra loro, ma che il quintetto maneggia con maestria, creando inediti suggestivi e coinvolgenti.
«Il mio percorso con la musica ? ha spiegato Pablo Corradini a fine esibizione ? è iniziato da autodidatta, cosa che mi ha permesso di stabilire un rapporto personale e intimo con le note, tenendo viva la curiosità. Solo in seguito ho sentito l’esigenza di approfondire il percorso e mi sono iscritto da solo al conservatorio, dove mi sono diplomato in pianoforte jazz. Betango prende il nome da un brano dell’omonimo disco dedicato a mio padre, il cui soprannome è proprio Beto. Ma tutti lo leggono in inglese, cioè Be Tango, ovvero Essere tango: la cosa ci è piaciuta tantissimo, perché rappresenta perfettamente la matrice tanghera di base di cui sono intrisi i brani. Oggi abbiamo voluto esibirci con un quartetto d’archi perché oltre a sembrarci una buona idea, rappresentava una sfida. E le sfide sono sempre positive, perché ti fanno muovere e ti impediscono di restare fermo. Ho quindi scritto le parti per ogni componente del quartetto cercando di amalgamare le due identità: non è stato semplice ma in compenso l’ho trovato molto motivante».